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È in arrivo la Global minimum Tax del 15% per le multinazionali

13 Ottobre 2021
È in arrivo la Global minimum Tax del 15% per le multinazionali

È stata trovata l’intesa tra i Paesi OCSE per l’introduzione della Global Minimum Tax al 15%, un’imposta innovativa, che tra le altre cose influenzerà le future attività delle multinazionali.

Una delle ragioni della sua introduzione è per arginare il problema della corrispondenza fiscale tra il Paese in cui hanno origine gli introiti e quelli in cui vengono versati i carichi fiscali. Si presuppone, dunque,  l’obbligo di tassazione delle multinazionali nei mercati in cui hanno attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che le imprese vi abbiano una presenza fisica o giuridica. L’accordo viene annunciato a pochi giorni dal G20 dei ministri delle Finanze previsto a Washington il 13 ottobre e dal vertice del G20 di Roma di fine mese, sotto la presidenza di Mario Draghi. Gli unici quattro Paesi che non hanno aderito sono Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka, mentre  i paesi dell’Unione europea hanno aderito all’unanimità.  L’accordo sarà sottoposto alla riunione del G20 e permetterà di garantire l’applicazione di una aliquota minima d’imposta sul reddito delle imprese del 15%, a partire dal 2023, per le aziende con oltre € 750 milioni di fatturato.  Ben 136 Paesi sui 140 del Quadro Inclusivo OCSE/G20 hanno preannunciato di essere a favore di tale intesa, e questi rappresentano oltre il 90% del Pil mondiale. I paesi avranno anche più possibilità di tassare le società multinazionali che operano all’interno dei loro confini, anche se non hanno una presenza fisica lì.

Le ragioni della Global minimum Tax

Lo scorso marzo, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e la segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, hanno cominciato a parlare di una tassa minima globale e la loro proposta prevedeva un’aliquota del 21% sui profitti delle multinazionali. Decisivo per arrivare ad un primo accordo prima al G7 e al meeting con l’OCSE , con lo scopo  di contrastare l’elusione e il cosiddetto profit shifting, cioè il trasferimento degli utili delle multinazionali nei Paesi che impongono tasse più basse. Basti pensare che il 40% dei profitti delle grandi multinazionali mondiali è al sicuro nei paradisi fiscali, dove le tasse sono molto più convenienti. Finisce l’era del dumping fiscale, tassazioni al ribasso concesse da alcuni Paesi alle società estere pur di attrarre occupazione e generare indotto. Infatti, secondo le stime della Fair Tax Foundation, negli ultimi 10 anni le sei maggiori big della Silicon Valley – Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google and Microsoft – avrebbero pagato oltre 96 miliardi di dollari di tasse in meno rispetto a quelli che sono i rapporti finanziari effettivi. OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sostiene che l’accordo potrebbe portare a un extra di $ 150 miliardi (£ 108 miliardi) di tasse all’anno, rafforzando le economie mentre si riprendono dal Covid.

I problemi tecnici sono principalmente quelli correlati alle regole comuni da individuare per il transfer pricing, ovverosia quali sono i beni a cui si applicano e soprattutto come devono essere considerati quelli intangibili come il software, i diritti d’autore e o brevetti. Il “fair value” dei prezzi di trasferimento è il principio da applicare allo scambio “intragruppo” di beni e servizi. La corretta applicazione dei prezzi per i beni e i servizi scambiati tra capogruppo e società correlate è determinante per distribuire equamente il reddito tra parti correlate. Politiche sbilanciate sui  prezzi di trasferimento possono portare risparmi fiscali per le società, sebbene le autorità fiscali abbiano gli strumenti per il contrasto delle elusioni fiscali. Le multinazionali hanno facoltà di comunicare preventivamente alle autorità il metodo di transfer pricing adottato per la ripartizione intragruppo, dimostrando che esso è conforme agli standard OCSE. Tuttavia, le aziende a volte possono anche utilizzare (o abusare) di questa pratica indirizzando il loro reddito imponibile verso i Paesi con minor tassazione, riducendo così le tasse complessive del Gruppo.


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